domenica 27 dicembre 2015

Maschile e Femminile

Maschile e femminile sono due aspetti insiti in ognuno di noi, ciascuno dei due con le sue peculiarità, i suoi doni per noi, la sua predominanza in noi, ma proprio per questo dobbiamo comprendere anche l'altra parte di noi.
Tuttavia, è importante trascendere i concetti ormai divenuti dogma di una cultura che ha perso le sue radici, dimenticato in buona parte cosa rappresentavano questi due elementi.
Il femminile è l'aspetto della fertilità, dell'abbondanza, è l'aspetto dell'amore materno...come Madre Terra, un principio fortemente legato all'Acqua, al lato emozionale dell'Essere, all'intuito e, per questo, al divino non manifesto.
Il maschile è l'aspetto della forza, del coraggio, dell'azione...il padre, il cacciatore, l'aspetto più legato al Fuoco e all'Aria, nonché al contatto con il piano più materiale del manifesto.
Unire in sé le due parti riporta alla completezza, attivo e passivo, conoscenza (come ricettività) e azione...la capacità di essere un tutt'uno con l'Universo per agire in esso in consapevolezza creativa.

Ho citato il dogma nella visione di questi aspetti, ma per rendere il senso di ciò, voglio usare parole d'altri:
"Il simbolo del vero maschile è il coraggio, ma per avere coraggio l'uomo deve avere cuore" - Theun Mares 

Una cosa voglio dirvi col cuore: non soccombete alla vostra Mente, perché l'unico modo per non lasciarsi intrappolare da schemi e dogmi è sentire, sentire dentro di sé e vivere quell'emozione, quel sentimento, comprendendo ogni aspetto di sé nell'attimo in cui si presenta e lavorando su se stessi, disciplinandosi con l'opposto, non per reprimersi, bensì per ritrovare la propria completezza e il proprio centro.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Nemici naturali

"La mente razionale si ritrova a cedere alla paura tal irresistibile tentazione; ma abbandonandosi a questa tentazione, la mente uccide se stessa."
Theun Mares 

Nella vita dobbiamo affrontare e vincere 4 nemici naturali, che sono le manifestazioni opposte/negative di: forza, sobrietà, calore, sentimento.
Questi sono considerati i 4 attributi del Guerriero, che corrispondono a 4 principi che occorre imparare a dominare per gestire gli stessi: disciplina, controllo, pazienza, tempismo (o sincronicità). Ecco che nel confronto con un nemico naturale, a definire l'effetto positivo o negativo diviene l'intento dell'individuo, seppur il Guerriero, avendo come fine ultimo l'impeccabilità, non possa nemmeno considerare di agire secondo un intento non impeccabile.

Il libero arbitrio esiste, ma per un Guerriero la scelta viene fatta a monte, all'inizio del suo cammino ed è quella scelta ad incidere su tutte le successive, a differenza degli altri la sua libertà si vincola all'intento ch'egli si è prefissato in partenza.

Ogni volta che ti trovi davanti ad uno dei tuoi nemici naturali fermati un attimo a riflettere, consideralo prima di tutto uno specchio, ripensa a ciò che sei, a ciò che vuoi raggiungere e decidi quindi come agire. 
Ma ricorda: non lasciare che sia la paura a frenare la tua azione, non lasciare che sia il dubbio sulle tue capacità a trarti indietro o avrai già fallito.
Quando decidi di agire...AGISCI, senza paura, senza dubbio...punta solo alla meta, al superamento della prova.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


martedì 22 dicembre 2015

Essenza ed esperienze di vita

Durante la nostra vita viviamo un susseguirsi di esperienze, tutte con un valore e un peso nel nostro sviluppo personale, che affrontiamo con la nostra Essenza, la nostra energia vitale. Succede spesso che dimentichi della nostra origine, indeboliamo noi stessi, la nostra energia vitale, identificando la nostra Essenza con le esperienze di vita che andiamo affrontando, quasi fossero  queste a definirla, invece che il contrario.

Dobbiamo ricordare che prima Siamo, 
poi esperiamo in funzione di ciò.

Non dobbiamo attaccarci dunque alle esperienze di vita rendendole pietre alle nostre caviglie, quando non al nostro collo; dobbiamo dar loro la giusta misura, il giusto peso, ampliandone la percezione: a questo servono i ricordi passati, le ricapitolazioni col passato...e per questo non vanno mai forzate, ma vissute nel principio dell'Acqua.
L'Acqua ha una grande memoria che trasmette a se stessa incessantemente, così in essa, con essa, nella sua Essenza possiamo rivivere momenti diversi con la consapevolezza di aver avuto approcci diversi, ma la stessa Essenza.
Analizzare e vivere le esperienze come passaggi, prove, spunti...lezioni che la nostra Essenza sperimenta, senza esserne intaccata nella sua forza, bensì arricchita, anche quando portiamo ferite profonde. 
L'Essenza non muta, è integra in noi, dobbiamo solo ripulirla dal fango che la incrosta e nasconde a noi stessi.
Essa è pura, se noi vogliamo che così sia.
Essa è forte, se vogliamo lasciarle la possibilità di esserlo.
L'Essenza è Energia, quell'energia che infonda vita.
Recuperare la nostra integrità, ricongiungerci quindi alle nostre radici energetiche, ci fortifica, ricompatta la nostra energia vitale imprimendole un moto di espansione dopo averla compressa per ritrovare la sua omogeneità: è come una scintilla che esplode, sprigionando il suo potenziale.
Non sempre è facile affrontare le proprie esperienze, a volte sembra di perdersi, altre che la terra sfugga sotto i nostri piedi, altre ancora è una gioia che restituisce sicurezza. 
Ogni volta è diversa.
Ogni volta dobbiamo comprendere e accettare ciò che è stato, lasciando che le nostre energie spese in quel momento ritornino a noi.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


lunedì 21 dicembre 2015

L'imbarazzo di chi non ha radici

Il piccolo principe traverso' il deserto e non incontro' che un fiore.
Un fiore a tre petali, un piccolo fiore da niente...
"Buon giorno", disse il piccolo principe.
"Buon giorno", disse il fiore.
"Dove sono gli uomini?" domando' gentilmente il piccolo principe.
Un giorno il fiore aveva visto passare una carovana:
"Gli uomini? Ne esistono, credo, sei o sette. Li ho visti molti anni fa. Ma non si sa mai dove trovarli. Il vento li spinge qual e la'. Non hanno radici, e questo li imbarazza molto".

Tanto più si perdono le radici, tanto più ci si nasconde per l'imbarazzo, la vergogna di se stessi...senza sapere chi si è realmente e da dove si viene.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


sabato 12 dicembre 2015

Recuperare noi stessi

Fin da quando ero piccola, ancora bambina, la mia famiglia aveva 3 appellativi che mi ripeteva continuamente, per indicarmi i miei comportamenti "sbagliati": Toro Seduto, bastiancontraria e mamma dei gatti.
Oggi, a distanza di tanti anni, mi trovo a dire che spero di avere almeno la metà della spiritualità di Toro Seduto, mi auguro di avere la sua forza nel lottare per conservare le mie radici, così spero di non perdere mai i miei "perché?", quella spinta a non accettare tutto come mi viene presentato, ma a volerlo comprendere per accettarlo o rifiutarlo secondo il mio sentire, e ancora, spero di portare sempre con me quella compassione e quell'amore per lo spirito libero, indipendente, forte e dolce tipico dei gatti.
Purtroppo, abbiamo sviluppato questo strano metodo educativo dove vogliamo estirpare le espressioni naturali dei bambini, del loro Essere, come fossero errori...sbagliati in qualche modo, invece di insegnare loro come gestire questi aspetti peculiari affinché divengano ricchezze da condividere. 
Da bambini esprimiamo molto più liberamente la nostra natura, crescendo la pieghiamo alla Mente come ci viene insegnato e soffriamo, ci sentiamo sempre più incompleti, accumulando sempre di più, storie o oggetti o denaro...staccati però da noi stessi, scollegati sempre di più dal Tutto che ci circonda e ci permea. 
Ascoltiamo di più i bambini, impariamo da loro e insegniamo loro ad essere il meglio di sé, non come tutti gli altri, ognuno come una stella deve brillare di luce propria.
Allora, torniamo alla nostra infanzia, cerchiamo ciò che amavamo, ciò che ci faceva sentire speciali, ciò che ci rendeva tristi quando non veniva compreso e scartato...recuperiamo i pezzi di noi e lavoriamoli come argilla, rimodelliamoli su noi stessi, immergiamoci in essi senza egoismo o narcisismo, rendiamoli dianti di cui adornarci ogni giorno di più, non per vantarci, non per esibirli, ma semplicemente per sorridere a noi stessi.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Disciplina: Arte antica

11 Dicembre 2015

La Disciplina è un'Arte antica, che necessita di Volontà, dedizione, perseveranza e coraggio. Gli Antichi insegnavano come essa non fosse frutto della Mente, ma agisse sulla Mente stessa. 
La Mente non sente, non è atta a percepire i sussurri dell'Anima propria e altrui, la Mente non ascolta, è fatta di logica razionale e sequenziale.
La Disciplina invece è quell'Arte che insegna a canalizzare, a restare fissi sullo scopo senza chiudersi, senza divenire né ciechi né sordi, ma senza farsi travolgere dai venti, dagli eventi, restando nell'Equilibrio.
La Disciplina è quell'Arte che ti guida nel sentire, ti fa immergere in esso, insegnandoti nel tempo il distacco della lucidità, della ragione dell'Anima che non è quella della Mente. Ti insegna la necessità di apprendere con metodica certe tecniche affinché divengano parte del tuo istinto, così che tu non debba pensare, ma solo agire nel momento del bisogno, mantenendo aperti tutti i canali alle percezioni senza cadere nella confusione.
Un Guerriero sa che senza la lucidità in battaglia sarebbe perduto. Egli deve conoscere e comprendere se stesso, il nemico, il campo di battaglia e tutti gli elementi che in esso si muovono. Solo al momento dello scontro Egli può liberare la sua furia guerriera, dove la lotta e le tecniche di combattimento sono ormai parte di lui, restando consapevole di tutto ciò che lo circonda...dentro e fuori. Disperdere prima le proprie energie lo distrarrebbe e comprometterebbe le sue possibilità di vittoria.
La Mente inganna l'uomo che si lascia trascinare dalle sue pulsioni, cieco e sordo a se stesso, come agli Antichi, vittima delle sue illusioni e della sua logica si appresta inesorabile a piccole vittorie e soddisfazioni che colmano una brocca crepata.
La Disciplina forgia nel duro lavoro per dare sazietà che non può essere contenuta, se non dall'Anima, poiché essa incanala ogni energia per uno scopo, un fine.
La Mente reprime, la Disciplina trasforma.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Natura-Carattere-Personalità

NATURA: Il termine latino natura, passato nelle principali lingue moderne, conserva nella propria etimologia, da nasci, "nascere", l'antica idea di generazione, crescita (affine al greco ϕύσις). Con riferimento a uomini, animali o cose, condizione o modo di essere originario, primitivo, intrinseco e che costituisce carattere fondamentale e stabile di una collettività o di un determinato tipo. 
Dell’umanità in genere, il complesso di qualità, tendenze, disposizioni che si considerano innate, preesistenti all’educazione.

CARATTERE: Il complesso delle doti individuali e delle disposizioni psichiche che distinguono una personalità umana dall’altra, e che si manifesta soprattutto nel comportamento sociale, nella disposizione affettiva dominante, nell’umore abituale

PERSONALITÀ: In psicologia, l’insieme di quelle disposizioni e funzioni affettive, volitive e cognitive che si sono progressivamente combinate nel tempo ad opera di fattori genetici, di dinamiche formative e di influenze sociali, fino a costituire una struttura relativamente stabile e integrata riconosciuta dall’individuo come propria, ed espressa di volta in volta nel proprio particolare modo di interagire con l’ambiente, di determinare i propri scopi, di regolare il proprio comportamento.

Ne consegue che il carattere è un elemento distintivo della personalità, ma non la personalità stessa, direttamente legato alla natura dell'individuo, quindi a ciò che è istintivo, dote innata della persona. Questi due elementi, assieme poi all'educazione vanno a formare la personalità. Lavorando sull'educazione, quindi sull'insieme di schemi mentali su cui l'individuo si muove, possiamo lavorare sull'espressione del carattere individuale che rivela la natura, ma non possiamo modificare radicalmente ciò che è natura dell'Essere e sua espressione peculiare...si possono smussare gli spigoli per crescita ed evoluzione personale, se invece attraverso l'educazione e gli schemi mentali si va a reprimere o, ancor peggio, a rinnegare ciò che è la personale natura si compie un percorso involutivo.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


N.B.: definizioni tratte dal vocabolario Treccani.

Rispetto e Ascolto

7 Dicembre 2015

Per qualsiasi cosa tu voglia prendere dalla Terra e dalla natura, devi chiedere prima il permesso e ringraziare per il dono ricevuto.
Per qualsiasi cosa tu voglia utilizzare che sia parte della Terra e della natura, devi chiedere il permesso e ringraziare per il dono ricevuto.
Tuttavia, devi saper ascoltare la risposta che ti giunge o non comprenderai se il Tutto appoggia il tuo fare, accogliendo la tua richiesta.
Se non sai ascoltare sarai sempre sconnesso.
L'ascolto si apprende nel Silenzio.
Una volta che lo avrai conosciuto, potrai usarlo ovunque, in qualunque luogo, in qualsiasi situazione, da solo o tra la gente.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Il rito del battesimo

6 Dicembre 2015

Il battesimo è un rituale preso in toto dalle iniziazioni di quasi tutte le culture pagane e pre-cristiane, l'Iniziazione con Acqua, che serve proprio per instaurare un legame di carattere energetico tra l'individuo e...ecco, il target può variare. Nel caso del battesimo cristiano si crea un canale energetico che porta all'entità denominata Dio, ovvero ad un'Eggregora estremamente potente, da cui deriva una parte di coscienza collettiva creatasi in quel bacino energetico. Nel caso di altre iniziazioni di quel tipo, che vengono praticate all'inizio di un percorso iniziatico, si crea il collegamento con la divinità a cui ci si vota in quella Via, o al Sé Superiore, talvolta tale divinità è in collegamento diretto col Sé Superiore, quindi il bacino da cui si attinge fluisce attraverso il canale del Sé, ma è alimentato da entrambi i serbatoi energetici. Nel caso del battesimo cristiano, il collegamento creato fa bypassare quello del Sé Superiore che quindi, negli anni, va ad atrofizzarsi e il recupero richiede molto più lavoro. La storiella del peccato originale è esattamente l'infido mezzo utilizzato per far leva sulle paure degli uomini inconsapevoli, così da poter creare questo canale e alimentare l'Eggregora stessa, nel caso dei bambini, con energia per giunta ancora più "pulita".

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Sindrome del Salvatore

6 Dicembre 2015

La "sindrome del salvatore" è una forma di aiuto che svaluta sia gli altri sia chi ne è affetto, poiché non tiene conto dei propri confini, dei propri bisogni e dei propri sentimenti, né riconosce i reali desideri dell'altro. Essa è caratterizzata dalla presunzione di sapere ciò che gli altri si aspettano prima che essi lo chiedano, dalla convinzione che non sanno trovare da soli la soluzione ai problemi e che qualcun altro deve farlo per loro, o addirittura di saper dirigere la vita degli altri meglio di quanto possano farlo essi stessi.
Chi è succube di questa sindrome frequentemente resta ferito dalle sue stesse azioni che, rispondendo a bisogni solo supposti, spesso sono vissute dall'esterno come intrusive. L'atteggiamento salvifico può essere adottato anche dagli operatori, quando ipotizzano desideri e richieste inespresse dagli utenti senza averne la certezza. Tale atteggiamento mantiene in una condizione infantile che non aiuta a individuare né cosa si vuole né ad assumersi la responsabilità di asserirlo.
Principali aspetti della sindrome del salvatore:
- Fare per gli altri qualcosa che essi possono ragionevolmente fare da soli.
- Presumere di sapere ciò che l'altra persona vuole.
- Non agire per timore dei supposti effetti dell'azione (per esempio, non esprimere la propria idea, ritenendo che l'altra persona non possa tollerarla, o non fare richieste, ipotizzando che esse mettano in difficoltà l'interlocutore).
- Continuare a compiere azioni altruistiche anche se non si è motivati a farlo.

da "Principi di riabilitazione psichiatrica" di Paola Carozza

Credo sia importante che si comprendano alcune dinamiche, perché troppo spesso si cade in errori di valutazione degli atteggiamenti altrui proprio perché tirati dentro in tale dinamica mentale, inoltre è ancor più frequente incappare in soggetti affetti da tale sindrome, che spesso poi veste i panni di estremismi religiosi di sorta. Da sottolineare anche come, chi è affetto da tale sindrome possa esprimere quella che viene definita sintomatologia della vittima, poiché spesso si scontra con la realtà che non accetta il suo intento salvifico, portandolo quindi al vittimismo. Purtroppo, soprattutto chi è affetto dalla sindrome del salvatore, impara ad usare una particolare strategia legata appunto al vittimismo, basata sul far sentire gli altri in colpa per qualcosa che in verità non esiste, al fine di ottenere da loro ascolto, indulgenza, protezione, arrivando a tiranneggiarli.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

21 Dicembre

5 Dicembre 2015

Nella cultura celtica i Druidi avevano un ruolo importante, fondamentale, all'interno della vita di ogni clan. Essi tramandavano l'antico sapere e per questo conoscevano profondamente ogni racconto, che veniva utilizzato per spiegare e insegnare diverse cose, secondo il livello di ricettività dell'ascoltatore.
Una di questa storie era quella di Re Quercia e Re Agrifoglio. 
Il primo era legato alla stagione calda, al fiorire della vita e quindi alla fertilità, al movimento, al Sole che dona vita. Il secondo, invece, era legato alla morte dell'inverno, una morte apparente, una cristallizzazione della vita e dello scorrere del tempo, che offriva però in dono proprio il tempo per riflettere, riposare e crescere.
Questi due Re dominano ciascuno un periodo dell'anno, ma non possono mai prendere il sopravvento assoluto, ogni anno infatti si scontrano 2 volte per vincere una volta uno e una volta l'altro. Questo è il principio dell'Equilibrio della Natura, vita e morte, l'assenza di una stasi che domini assoluta, dove in ogni aspetto si srotolano poi pregi e difetti, doni e dazi.

Il 21 Dicembre sopraggiunge i Solstizio d'Inverno, Yule per i Celti, dove Re Quercia e Re Agrifoglio si scontrano, per veder salire al trono Re Quercia, proprio quando Re Agrifoglio è al culmine del suo potere.

Presso i popoli nordici il Solstizio d'Inverno prende il nome di Jöl, anche qui ritroviamo una serie di tradizioni che legano il divino agli uomini, con gli Dei (Odino, Thor e Freyr) scendere sulla Terra per dispensare doni. Odino, il Padre di tutto, con la sua classica raffigurazione di uomo vecchio e saggio, con la lunga barba; Freyr, con il suo mantello rosso e Thor che conduceva sul suo carro trainato da caproni. Tra questi popoli era usanza adornare un albero in questo periodo con dischi colorati, rappresentanti i Nove Mondi, come segno di rispetto verso gli Dei e tutte le creature, che erano tra loro collegate dall'Albero Cosmico, Yggdrasil.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Schemi mentali

1 Dicembre 2015

"Gli uccelli nati in una gabbia
pensano che volare sia una malattia"
Alejandro Jodorowsky

Un paragone più perfetto forse non esiste, infatti se si dice a molte persone che non sono in gabbia e che possono volare, si chiudono a riccio e invece di provare, preferiscono alzare muri ancora più alti nella loro mente, per non correre il rischio di saltarli involontariamente e...scoprire che era semplicemente vero.
Schemi mentali che ci limitano, ci incatenano ad una gabbia che noi stessi abbiamo deciso di rendere sempre più solida.
Forse, ogni tanto, varrebbe la pena di perdersi nel bosco per scoprire come ritrovarsi sia l'esperienza più splendida e liberatoria che possa esistere.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Come l'Acqua

E come acqua scorri,
scivola tra le rocce,
insinuati dove gli occhi non posson vedere.
Senza fretta,
senza forza,
scava la roccia,
leviga la sua durezza,
deformala affinché essa diventi te e tu lei.
E come acqua scorri
limpida e forte,
dolce e cristallina.
Senza forma e senza confini,
mai uguale,
eppure sempre la stessa;
mai ferma,
eppure sempre presente.
E come acqua scorri,
baciando il sole
e amando la luna,
abbracciando tutto ciò che incontri
senza mai fermarti.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir




Gli Elementi insegnano

24 Novembre 2015

Gli Antichi insegnano come ogni Elemento sia per noi Maestro e veicolo di connessione, da cui attingere conoscenza, consapevolezza e energia. Allo stesso modo insegnano come Elemento sia caratterizzato da due aspetti, uni attivo e l'altro passivo, ma mai parlano di negativo, poiché in essi non vi è polarità, restano sempre e comunque ciò che sono, ma conducono a stadi differenti in chi vi attinge.

L'Acqua è il movimento fluido, emozionale. (Lunedì)
Il Ghiaccio è la stasi, l'immobilità che offre tempo di riflessione in una morte apparente. (Sabato)
Il Fuoco è il calore che aiuta a crescere, che trasmette energia. (Domenica)
Il Fuoco è ciò che distrugge e purifica. (Martedì)
L'Aria è la leggerezza impalpabile della Consapevolezza, la libertà attraverso cui ella si muove e si propaga. (Mercoledì)
Il Vento può sferzare, piegare, spezzare tagliare ciò che non impara ad essere flessibile. (Giovedì)
La Terra è la Madre che nutre e protegge, che dona spazio alle radici. (Venerdì)
La Terra è la Madre che insegna anche nella fermezza e che può farsi dura come la pietra.

Non v'è giorno da dedicare al lato involutivo della Terra, poiché ciò determina la fine di un percorso, perché solo all'ultimo la Terra diviene triste Maestra di ciò che non si è voluto comprendere.

Chi ricorda e comprende si affida nudo agli insegnamenti della Natura, spoglio di ogni mortalità, di ogni schema umano, canale per il flusso di energie che attraverso lui fluiscono e che fioriscono in ogni sua forma, splendenti, forti e delicate si aprono al mondo come dono che può essere accolto e condiviso o strappato nella bramosia di possederlo, nel disprezzo e nel ribrezzo verso qualcosa che si potrebbe essere, ma non si è ancora avuto il coraggio di divenire.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Il nostro cervello

Il nostro cervello è diviso in due emisferi che rispettivamente gestiscono le funzioni della parte del corpo opposta.
Strano vero?
In noi esiste un sistema che potremmo definire chiastico, "rubando" l'espressione all'analisi logica e deriva dal greco, dove è presente una lettera chiamata "chi" che ha sostanzialmente la forma di una "X".
Ciascuno dei due emisferi regola determinate funzioni. Solitamente, nei bambini e negli animali predomina, ovvero lavora maggiormente, l'emisfero destro. Mediamente ognuno di noi ha un emisfero predominante rispetto all'altro, salvo non si impari a gestirli volontariamente così da poter avere maggior controllo su stessi.
L'emisfero sinistro, come potete vedere anche dall'immagine, presiede ai ragionamenti logici, sequenziali e lineari; anche la memoria che risiede in esso è di tipo storico e sequenziale. L'emisfero destro lavora secondo logiche quantitative, in modo analitico, definendo un principio maschile di azione, quindi di carattere predominante e secolare, privo di emozioni, portato alla lucidità.
L'emisfero destro, invece, è quello legato al senso artistico, all'intuito e alla creatività, non meno alla spiritualità. E' come se il meccanismo stesso del nostro cervello ci rivelasse come questi elementi sono un collegamento con il divino, non dimentichiamo infatti che creatività e intuito vengono spesso descritti come "ispirazione divina". Questo emisfero regola le nostre emozioni e anche la memoria ad esso associata è di carattere emozionale, quindi quei ricordi che in noi persistono o riemergono non per cronologia o fatti in sé, ma per emozioni in essi presenti. E' questo emisfero del cervello che ci consente di elaborare concetti astratti come appunto la spiritualità, è infatti ricettivo, legato quindi al principio femminile/passivo, lavorando non per quantità, bensì per qualità.
Giungere all'equilibrio tra i due emisferi aumenta le facoltà dell'individuo, permettendogli di gestire le informazioni tanto interiori quanto esteriori secondo il bisogno e il momento, in base anche alle esperienze che lo formano, eliminando l'apparente contrasto che esiste tra le due parti e portandole all'armonia necessaria.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Radicamento

17 Novembre 2015

Il radicamento è una pratica che ho scoperto appartenere alla tradizione sciamanica, nello specifico ve ne riporta la mia versione personale. Io l'ho eseguita seguendo l'ispirazione del momento e ne ho tratto grande giovamento, così l'ho ripetuta nel tempo. Da quanto ho poi appreso in effetti segue una metodologia coerente con le pratiche di radicamento "ufficiali". Con questa pratica si vuole ricostruire il proprio rapporto con la Terra, come Madre, riconnettendosi ad essa e traendo da essa forza vitale che rigenera il nostro stesso Essere. Potete tranquillamente cercare altre versioni di Radicamento se non trovate sintonia con la mia, nella tradizione andina mi pare sia ampiamente spiegato.
Trovate un posto tranquillo, un prato isolato, un angolo di bosco, un posto che vi permetta il contatto con la Terra.
Sedetevi a terra, chiudete gli occhi e iniziate a respirare profondamente, concentrandovi solo sul vostro respiro. Lasciate correre i pensieri, non fermateli, siatene osservatori disinteressati. La mente lentamente si calmerà e riuscirete a trovare un vostro equilibrio.
A questo punto portate i palmi delle mani a terra. Probabilmente vi accorgerete che il senso del tatto sembrerà accentuato rispetto al solito: godetevi la sensazione dell'erba che accarezza la mano, fino a sentire la terra. Sentite le vostre dita, come le radici di un albero, affondare in essa fino a visualizzare la vostra energia come sottili radici che vanno sempre più in profondità. Mettetevi in contatto con la Terra stessa: il vostro respiro come il suo respiro, il vostro cuore come il suo cuore, fino a che la sua energia non diventa la vostra energia, il suo battito vitale il vostro. Una sensazione di calore che dalle mani risale lungo le braccia, espandendosi per tutto il vostro corpo.
Non datevi tempi, non pensate al tempo: rigeneratevi e riconnettetevi con la natura che è parte di noi. Lasciate che da lei vi giungano i messaggi: sussurri silenziosi, idee, immagini, suoni.
Quando sarete soddisfatti, quando riterrete che quanto fatto sia sufficiente, ringraziate la Terra e ritirate le mani. Respirate ancora profondamente predisponendovi al ritorno ad una condizione normale.
Aprite gli occhi e muovetevi senza fretta.

Se la connessione è forte si può entrare anche in stato alterato di coscienza e tale stato può avere qualche strascico nel momento in cui si riapre gli occhi, con una visione strana della realtà che ci circonda. Non spaventatevi, nulla di strano e passa in breve ^_^
Altra cosa: per alcuni giorni io ho avuto i palmi delle mani bollenti, con una strana, ma piacevole, sensazione. Questo perché nel palmo della mano si trova un chakra, il 9°, che viene stimolato attraverso il contatto con la Terra.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Om Mani Padme Hum

"Om Mani Padme Hum", un mantra particolare, un mantra di liberazione.
Il senso di questo mantra è davvero ampio, le 6 sillabe che lo compongono hanno un significato particolare. Il Dalai Lama lo ha ampiamente spiegato, affinché tutti potessero comprenderlo al di là del semplice senso sillabico, ma piuttosto nella forma. Io cerco di riassumervelo.
OM è composto da 3 lettere: A, U, M. Questo rappresenta il corpo, la mente e la parole del praticante, ancora impuri, che attendono di essere sublimati. Questo perché OM è il principio universale da cui tutto deriva (per questo prima sillaba dei mantra).
MANI letteralmente indica il gioiello, quindi rappresenta il "metodo", l'intento altruistico, l'amore e la compassione necessari per sublimare l'uomo.
PAD (o PED) ME significa invece "loto", quindi la saggezza. "Proprio come un loto cresce dal fango ma non viene macchiato dalle sporcizie del fango, così la saggezza è in grado di mettervi in una situazione di non contraddizione, ovunque ci sarebbe contraddizione se non aveste saggezza."
HUM, l'indivisibilità, l'unione armonica di corpo, mente e parola attraverso il metodo e la saggezza, quindi la sublimazione dell'impuro in puro, del praticante in Buddha.
Importante, basilare in un mantra affinché porti a consapevolezza il suo potere, è il "come" viene fatto.
Youtube è pieno di mantra...no, è pieno di canzoni, pieno quindi di preghiere, bellissime preghiere, ma il mantra è di più. 
Il mantra è equilibrio tra parola e silenzio, dove non vi è parola deve esserci silenzio affinché la mente sia in esso; il solo suono della campana richiama la mente dal luogo ove la meditazione del silenzio nel mantra l'ha condotta. 
Il mantra è vibrazione, una vibrazione profonda che nasce, si genere nell'hara, nel ventre e porta il diaframma a vibrare, questa vibrazione risale risuonando in tutto il corpo, si propaga fisicamente e come suono.
Il mantra è meditazione, preghiera, consapevolezza, volontà.
L'esecuzione dei mantra si sviluppa con i grani del mala (quella collana simile ad un rosario per intenderci), ogni mala conta 108 ripetizioni. Il mala può avere quindi 108 grani, oppure un numero equivalente a multipli di 9. Oltre al significato dei numeri in sé non casuale, il mala consente a chi recita il mantra di non distrarre la mente per mantenere il conto delle ripetizioni, ma vi è anche un modo di tenere il mantra e di far scivolare i grani tra le dita, che lo mantiene in contatto con il Sole, il suo moto, il suo ciclo orario come atto di creazione ed evoluzione.

Ricapitolare: frammenti di Strega

17 Novembre 2015

"Ho passato la vita a studiare, ad imparare la Natura e l'Arte Antica da chi mi aveva preceduta.
Ho passato la vita ad aiutare chi mi stava attorno, a curare raccogliendo i doni della natura ed usando la mia Arte, come mi era stato insegnato...come sentivo di dover fare.
Ho passato la vita a donarmi agli altri che mi vivevano accanto, tra sguardi riconoscenti, doni poveri ma sentiti, tra sguardi schivi di chi mi giudicava, tra sguardi accusatori che mi condannavano alle spalle. Eppure tutti sono giunti almeno una volta a bussare alla mia porta. Tutti almeno una volta mi hanno detto grazie.
Ora invece cammino tra le grida di quella stessa gente, tra i suoi insulti, mentre mi sputano, violata in nome di Dio. I miei capelli giacciono nella terra ormai, il mio corpo fatica a reggere il proprio peso, ma nonostante tutto ho gridato in faccia a quegli uomini il mio orgoglio per ciò che sono, ho gridato il nome che volevano sentire. 
SONO UNA STREGA.
Sì, l'ho gridato, ma mai una volta ho accolto il loro Satana, mai una volta mi sono piegata a dire di aver agito in suo nome, perché io non lo conosco, non lo riconosco, io conosco la Madre che tutti ci ha creato, riconosco il Padre che con lei ha dato la vita...io servo la Vita da sempre!
Eccomi, a percorre questa strada che ben conosco, come le facce di chi urla e chiama la mia morte...
A MORTE LA STREGA.
Uno ad uno li posso ancora vedere, uno ad uno posso ancora conoscere i loro segreti, ma in quei volti non leggo più la gratitudine di quei giorni.
Oh, poveri sciocchi, io brucerò su quel rogo, ma avrete distrutto solo il mio corpo, non la mia Anima...e quest'Anima vi giuro che non dimenticherà questi momenti, non dimenticherà le vostre voci...i vostri occhi. 
Tradita per stupida invidia, consegnata nelle mani dei miei aguzzini ho visto la gente cambiare nell'arco di un un giorno.
Ma nemmeno davanti alla mia morte rinnegherò ciò in cui credo, nemmeno nel mio ultimo respirò mi piegherò a pregare il vostro Dio, ma mi consegnerò tra le fiamme alle braccia della Madre, che di nuovo mi accoglierà a sé.

Voi credete che il fuoco mi ucciderà, ma sarà proprio quel fuoco a rendermi immortale, ancora più forte, purificandomi come mai prima d'ora.

Eppure, se subito vi odiato, ora no...ora per voi il cuore si stringe in una profonda tristezza, perché non vi è speranza alcuna per voi e non ve ne sarà per lungo tempo, di ricordare la Verità.
Morirò nel silenzio, guardandovi mentre le mie carni bruciano, vi guarderò uno ad uno nel silenzio del mio dolore, perché io sono una Strega, io appartengo alle Antiche Sacerdotesse e ho assolto al mio compito, fino al mio ultimo espiro. 

Nel silenzio sentirete ancora il grido di dolore della mia Anima."

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


L'uomo come un albero

17 Novembre 2015

Si dice spesso che l'uomo è come un albero, che può crescere solo verso il cielo, ma ricordate che un albero cresce sempre in proporzione alle sue radici, un albero senza radici non ha futuro.
In molte tradizioni sia esoteriche che spirituali, il primo passo da fare per chi intraprende il cammino è la discesa agli inferi, nigredo in alchimia, Mondo di Sotto nello sciamanesimo, lo stesso Cristo veniva detto che dopo la morte discese per 3 giorni agli inferi, metafora chiara del risveglio prima dell'ascensione, dell'illuminazione.
Il primo passo è sempre il più difficile, ma bisogna sempre ricordarsi che, alla fine, bisogna solo mettere un piede davanti all'altro e non arrendersi mai, solo così i nostri rami potranno tornare al Cielo ^_^

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Il Respiro

17 Novembre 2015

"Quando non siete sicuri di cosa fare, tornate al vostro respiro: inspirate ed espirate pienamente consapevoli, prendete rifugio nella presenza mentale. La cosa migliore da fare nei momenti di difficoltà è tornare a se stessi e dimorare nella consapevolezza."
Thich Nhat Hanh (Maestro Zen)

Il respiro, il soffio vitale che molto spesso diamo per scontato nella nostra vita, nella nostra quotidianità. Quando siamo colti da uno spasmo emotivo (improvvisa gioia, tristezza, sofferenza, paura, ecc.) due sono gli elementi fisici che in noi mutano:
- il ritmo cardiaco
- il ritmo respiratorio.
Tuttavia, andando a controllare il respiro andiamo a modificare di riflesso il ritmo cardiaco, ma non viceversa.
Concentrarsi sul respiro è meditazione.
Concentrarsi sul respiro porta la persona a centrarsi su se stessa, a prende consapevolezza di sé, a gestire se stessa e la propria mente.
Ogni respiro acquista una sua dimensione, un suo preciso tempo in cui Noi Siamo.
Ecco, quello è il nostro spazio.
Quando siamo nel nostro respiro, lì troviamo la nostra presenza mentale, lì troviamo la nostra chiarezza e non c'è più necessità di svuotare la mente, perché i pensieri sono già fluiti trasportati dalla corrente, dal flusso stesso del nostro respiro.

"Lo spirito di consapevolezza conduce, invariabilmente, alla meditazione. Se sei consapevole non puoi fare a meno d’apprezzare l’essenzialità del momento presente, il vero ed unico segreto di qualunque ricerca interiore."
Thich Nhat Hanh (Maestro Zen)

Ecco l'unione naturale dei due insegnamenti, perché tutto è connesso, non scindibile, come in un cerchio, che in verità si traduce in spirale...passo dopo passo, attraverso la consapevolezza.

Respiro → Meditazione → Consapevolezza → Presenza (Qui e Ora)

Prestate attenzione a COME respirate, perché (soprattutto le donne), nel tempo accentuano una respirazione alta, concentrata sui polmoni, ma il vero respiro si sviluppa nell'addome, 3° chakra, attraverso il movimento del diaframma (respirazione diaframmatica).

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Vedere

17 Novembre 2015


"Vedere"
Vedere cosa?
Vedere come?
La realtà con quanti occhi può essere vista? 
Gli occhi fisici...gli occhi della Mente...gli occhi del Cuore e, infine, l'Anima.
Finché guardiamo il mondo in un solo modo, non comprenderemo mai davvero quale sia Verità, perché ne avremo solo frammenti, percezioni parziali. Quando impariamo a vedere secondo tutti i nostri aspetti, secondo tutte le parti che compongono (corpo-mente-spirito) potremo andare oltre quei frammenti e comprendere, divenire Consapevoli.
Gli occhi del corpo ci restituiscono l'immagine dell'illusione stessa creata dal pensiero.
Gli occhi della mente ci restituiscono l'immagine secondo il nostro Ego, attraverso un processo razionale, che però può essere ingannevole se imbrigliato in schemi fissi e privo di sentire.
Gli occhi del cuore ci restituiscono un'immagine fatta di emozioni, colori, è il sentire puro scevro dalla ragione, che però può essere ingannevole se lasciato privo di controllo e di lucidità.
Imparando a unire questi si giunge all'Anima, alla sua visione d'insieme che, inevitabilmente, finisce col congiungersi nel Tutto.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Carpe Diem

17 Novembre 2015

Personalmente, amo questo film, non saprei dire quante volte l'ho visto, eppure mi tocca sempre. Amo l'immagine di questo INSEGNANTE, amo i suoi tratti. Lui esprime il suo pensiero, trasmette ai suoi allievi un messaggio, ma non gli dice di credergli, di avere fede, di dare per buone le sue affermazioni...
NO
Lui gli dice "Venite a vedere voi stessi", lo ribadisce in più punti, più volte, sperimentate voi in prima persona, prendete ciò che vi dico e verificatelo, poi potrete condividerlo o scartarlo, ma avrete vissuto quel momento...
CARPE DIEM
Cogliete l'attimo, vivete l'attimo perché la vita è fatta di attimi fuggenti che non torneranno più, che vanno colti per quello che sono, poiché i essi solo una cosa potrà restarvi: il ricordo.
Il ricordo che non può essere fermato in una foto se siete voi a scattarla, perché per fare quel momento sulla pellicola, non l'avrete vissuto fino in fondo...lo avrete perso, o ne avrete perso una parte.
CARPE DIEM
Vivi con coraggio ogni esperienza, ogni emozione, solo così ne prenderai consapevolezza, con le tue lacrime e i tuoi sorrisi, con le cicatrici che porterai nel cuore e sulla pelle...ma avrai vissuto ogni attimo e quell'attimo ti apparterrà per sempre.
Salite sulla cattedra, mettetevi sotto il tavolo, fuori dalla finestra e sotto le coperte...sperimentate le diverse angolazioni della vostra vita.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir



La dualità: il Male


Da bambina amavo questo telefilm...non lo capivo, eppure gli insegnamenti di quei Maestri mi affascinavano, mi attiravano come una calamita, così come la natura del Guerriero che non cerca lo scontro.
Il mio sensei una volta ci disse "nel momento in cui con le parole non riesci ad evitare lo scontro fisico, hai già subito una sconfitta." 
Inevitabile a volte, necessaria certe altre, ma sempre frutto di una
SCELTA.
Tuttavia la scelta giunge consapevole solo quando si è compresa la propria natura, accettata la propria dualità si potrà farla decadere e divenire così un'unica Essenza e sarà quella a compiere le proprie SCELTE, oltre le paure dell'uomo, oltre i dubbi, nella propria libertà di Essere.
Qual è la natura del Male?
Questo è il primo passo per prendere coscienza della dualità.
Io sono Male, 
Io sono Bene, 
Io sono sia Male che Bene e nessuno di questi due.
Io Sono.
Questa è la comprensione che nell'Equilibrio della dualità porta l'Armonia dell'Uno, del Tutto.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir


Memoria: il punto per ricapitolare

Capita spesso quando non c'è la Luna, ma ieri è arrivata come un'ondata di energia che ha smosso il mio inconscio, riportando a galla memorie lontane, fatte di immagini, colori, odori, sensazioni...momenti che si rivivono senza tempo, perché in effetti è come se non vi fossero né tempo né spazio...solo tu, il tuo cuore che batte, il tuo respiro in quegli istanti.
Vissuti belli e brutti, eppure anche quegli attimi meravigliosi riescono a ferire come pugnalate al cuore, perché in realtà sai che è passato. 
L'unica cosa che fa alzare la testa, scrollandosi certi pesi è che li si è vissuti.
Non ci si è abbandonati all'esistenza, ma si è vissuto: amori, legami, affetti, dolori, guerre, tormenti...tutto, fino all'ultimo respiro.
Tuttavia, se la memoria è necessaria per avere radici, per mantenere gli insegnamenti appresi e poter proseguire senza ripartire da capo, è altrettanto vero che non bisogna divenire succubi o prigionieri di quelle memorie, perché possono portare anche blocchi.
Alcuni è difficile abbatterli...molto...perché le ferite sono profonde ed è come se si sentisse che riprendendosi certe "responsabilità" stavolta il cuore si potrebbe spezzare e non sai, non la sai davvero, se ce la faresti ancora a rimettere insieme i pezzi, a portare il peso di quelle responsabilità e relative conseguenze.
Eppure nulla accade per caso e nulla si ricorda a caso, ma occorre lavoro, tanto lavoro su se stessi, accettarsi e perdonarsi, comprendere che non si è soli nelle scelte, che non si sceglie per gli altri, ma si è un'insieme, un gruppo e ognuno compie le sue scelte. L'importante è essere sinceri, veri, trasparenti, affinché anche gli altri decidano in coscienza e consapevolezza.
Ma ci sono scelte che portano il peso di altre vite, di fratelli, sorelle, compagni...amori e il loro dolore alla fine resta attaccato e lasciarlo scorrere via può richiedere molto tempo e...tante lacrime a volte. 
Ma per tutto c'è un tempo e c'è un tempo per ogni cosa, dobbiamo impararlo, dobbiamo comprenderlo...dobbiamo viverlo.
Dobbiamo imparare ad essere i maestri di noi stessi in una strada che solo noi possiamo percorrere, perché è la nostra, è il nostro Grande Viaggio, quello che la nostra Anima ha scelto di compiere.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

Il giudizio

"Grande Spirito, preservami dal giudicare un uomo non prima di aver percorso un miglio nei suoi mocassini".
Guerriero Apache anonimo

Li chiamavano selvaggi gli uomini civilizzati, li chiamavano selvaggi perché non vivevano in case e non volevano possedere un terreno, un recinto, li chiamavano stupidi perché a loro interessava il popolo e non il possedere, li chiamavano peccatori perché non conoscevano il peccato eppure, seppur ad un uomo fosse consentito avere due mogli, la donna era oltre modo rispettata.
Eppure, la loro cultura antica, preservatasi ben oltre a quella del Vecchio Continente, dava valore a quei mocassini, fatti con pelle di animale perché ogni singolo animale era sacro, come sacra era la sua vita e non era concepito sprecare nulla di quel dono prezioso. I mocassini camminando sulla terra si consumavano, venivano ricuciti, fino a che non fosse più stato possibile utilizzarli. I mocassini proteggevano dal freddo come dalle insidie del terreno. Percorrere un miglio nei mocassini di un altro era l'equivalente di condividere un pezzo di strada, un pezzo di fatica, un pezzo di vita tra le sofferenze e le gioie altrui, le ricchezze e le privazioni di un altro.
Questi selvaggi avevano una cultura di tipo sciamanico (e si vede, si sente), non meno anche i Guerrieri erano consapevoli che andare oltre il giudizio fosse un grande dono per se stessi, apriva il cuore e rendeva più forti, perché il cuore di un Guerriero deve essere forte, non duro, non deve erigere muri, ma saper affrontare la sofferenza. Per questo pregavano il Grande Spirito, il divino che permea tutto, quell'Energia che per loro era una guida nella consapevolezza della Natura.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

Felicità e dolore

"Tutti vogliono la felicità nessuno vuole il dolore, 
ma non si può avere un arcobaleno 
senza un po' di pioggia..."
Alce Nero

Il dolore viene vissuto come elemento negativo da sradicare, da obliare, ogni qual volta non viene compreso, poiché in verità segue un antico insegnamento: un dono per un dono. Così noi ci offriamo in sacrificio a noi stessi, ponendo il nostro dolore come dono per avere in cambio un'esperienza, per crescere, per comprendere...per elevarci. Nessun dolore giunge a noi invano, nessun sacrificio resta privo di un dono se si compie il difficile esercizio di comprenderlo nel suo far parte di noi e del Tutto di cui siamo parte.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

Specchio - Riflesso

16 Novembre 2015

In quella che noi percepiamo come realtà ogni persona rappresenta per noi uno specchio in cui rifletterci. L'altro non è che un riflesso di noi che noi acquisiamo come percezione, ma il riflesso non è lo specchio, bensì l'immagine che in essa si crea, immagine speculare a noi, deformata sia dallo specchio stesso che dai nostri occhi, come da ciò che si frappone tra noi e lo specchio.
Ogni riflesso ci giunge per un motivo: comprendere.
Comprendere noi stessi, non l'altro. Il riflesso ci invita a riflettere su ciò che ci piace o ci da fastidio dell'altro, mettendo così in discussione non l'altro, ma noi stessi.
Noi siamo lo specchio, non il riflesso.
Nel momento in cui ci identifichiamo con il riflesso che gli altri percepiscono, ammettiamo inconsciamente che qualcosa di noi si trova in quel riflesso e su questo dovremmo lavorare a livello personale, per comprendere ed accettare il nostro Essere nella sua completezza.
Il riflesso può porci davanti le nostre maschere, quelle a cui ci siamo così tanto abituati da averle quasi dimenticate. Tuttavia, la nostra Essenza non ha dimenticato se stessa e riconosce la maschera, ci chiama a guardarla e a toglierla, a respirare liberamente senza più essere soffocati da quel peso.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

I 7 specchi Esseni

16 Novembre 2015

“Un improvviso colpo di vento mi colpì, facendomi bruciare gli occhi.” Guardai il punto in questione e vidi che tutto era normale “Non riesco a vedere niente” dissi. 
“L’hai appena sentito” rispose lui
“Cosa? Il vento?”
“Non solo il vento”, disse lui, “Ti può sembrare il vento, perché il vento è la sola cosa che conosci”.
Castaneda

I 7 SPECCHI ESSENI

1° specchio "Il riflesso": questo specchio ci indica che ciò che proviamo e come ci comportiamo viene riflesso dagli altri inevitabilmente, inconsapevolmente, sia positivamente che negativamente. Gli altri ci forniscono quindi il modo di lavorare su noi stessi riconoscendo i nostri pensieri e le nostre emozioni più profonde, facendosi carico di questo peso il più delle volte involontariamente.

2° specchio "Il giudizio": se chi abbiamo di fronte non sta riflettendo qualcosa che è in noi a livello di pensiero o emozione, allora molto probabilmente ci sta invitando a riflettere sul giudizio che stiamo invece esprimendo, un giudizio verso noi stessi però, che passiamo sotto silenzio. Molto spesso abbiamo una tale carica emotiva che riversiamo su determinate convinzioni o idee, che non siamo disposti ad accettare che esiste qualcosa in contrasto con la nostra convinzione o idea. La mancanza di comprensione e di reale pace interiore porta a confondere il non giudicare con l'approvare o il non approvare. Si può non giudicare qualcosa o qualcuno pur approvandolo o non approvandolo, arrivando a comprendere l'altro e le sue idee e rispettandone la diversità.

3° specchio "La familiarità": questo specchio ci rivela che quando incontriamo una persona per cui sentiamo immotivata familiarità, quando incrociandosi gli sguardi è quasi come conoscersi già, ecco, in lui la nostra Anima ha riconosciuto una qualità sopita che ci appartiene, che abbiamo perso per strada, sacrificandola al sopravvivere in un dato momento della nostra esistenza.

4° specchio "La perdita": questo specchio si presenta a noi quando nella vita abbiamo inconsapevolmente scelto di adottare modelli di comportamento che ci portano a rinunciare ai rapporti umani, anche i più cari. Può essere il caso delle dipendenze come delle compulsioni, ma anche di scelte di dedizione completa ad un lavoro, che allontano dai rapporti famigliari e umani portando ad una forma di isolamento affettivo. Spesso questo è il risultato di esperienze passate che ci hanno portato a convincerci che sia di gran lunga meglio rinunciare alle cose che amiamo, piuttosto che rischiare di soffrire. Riconoscendo questo specchio possiamo spezzare la catena e recuperare i rapporti umani in qualsiasi momento, l'importante è compiere il primo passo, anche perché alla fine si finisce col soffrire molto di più cercando di evitare il dolore, piuttosto che affrontandolo.

5° specchio "La connessione": questo specchio si lega direttamente al rapporto coi nostri genitori, che ci mostra le credenze e le aspettative che, indirizzate a loro, sono solo una trasposizione del nostro rapportarci al divino. Alte aspettative e pretese rivolte a noi possono essere specchio di come noi pensiamo di non aver adempiuto al nostro compito, di non aver fatto abbastanza secondo la nostra connessione divina.

6° specchio "L'oscura notte": questo specchio, a dispetto del nome, ci ricorda come la vita e la natura tendano sempre all'Equilibrio. Nei momenti difficili ci troviamo così nudi davanti alla nostra Anima, scevri da ogni sovrastruttura mentale ed emotiva, potendo quindi consapevolizzare gli strumenti acquisiti nel nostro vissuto per superare la prova che stiamo affrontando, per risalire dall'abisso di ciò che abbiamo perduto e risplendere di nuova luce.

7° specchio "L'accettazione": ogni esperienza, positiva o negativa, è di per sé perfetta e naturale. Non vi è bisogno di compiere paragoni o esprimere giudizi, occorre solo accettarla come esperienza che arricchisce così il nostro bagaglio esperienziale che è l'unica vera meta della nostra Anima. In questo si manifesta la perfezione di ogni attimo vissuto consapevolmente. Non esiste nulla fuori di noi che abbia un valore rapportabile al nostro vissuto, quindi nulla è termine di paragone per denotare eccesso o difetto della nostra vita.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

Samhain 2015

21 Ottobre 2015

Si avvicina Samhain, festa di matrice "Europea" ormai nota a molti per la sovrapposizione di Halloween che giunge diritto dall'America. Al di là della moda, vi sono antiche consapevolezze dietro questa particolare festa, che segna il nuovo inizio del calendario "magico", come anche la fine dell'Estate in ogni sua accezione.
Samhain è in culmine di un certo ti po di Energia legata appunto a questo suo aspetto di fine, di termine di un momento dell'anno, come della vita, e nel contempo di apertura al nuovo. Infatti le energie e le vibrazioni di questa festa permeano quasi tutto il mese di Ottobre. Questa festa è legata ai defunti nella loro accezione di Avi, una coscienza collettiva del passato che non si disperde, ma resta disponibile ad insegnare nel momento corrente. Per questo motivo si dice che il velo tra i Mondi in questo periodo è più sottile, è più facile che i due Mondi, quello dove ci troviamo e quello degli Spiriti, entrino in contatto, portando messaggi, conoscenze, moniti. 
In antichità vi era grande rispetto per questo momento, il che non era paura, ma consapevolezza che gli Spiriti in questo tempo avevano maggior possibilità di palesarsi in varie forme. Quando il Mondo invisibile ha cominciato a divenire qualcosa di cui aver timore, anche la tradizione ha iniziato a mutare, andando via via dimenticando le sue radici.
Il periodo che precede Samhain è sempre stato per questo considerato propizio per la divinazione, tuttavia nella notte di Samhain si evitava invece di compiere determinate pratiche, prediligendo la commemorazione degli Avi, la celebrazione con riti propiziatori e di protezione per l'inverno ormai alle porte. Solo figure particolari si apprestavano alla divinazione nella notte di Samhain.
Infatti, la notte di Samhain si era soliti imbandire un lauto banchetto, di cui una parte data come offerta, inoltre veniva acceso un fuoco e si presentavano agli Spiriti richiesta di carattere materiale, che venivano poi bruciate. Le richieste vengono calate sul piano materiale poiché l'inverno è un periodo particolari in cui invece vengono esaltati gli aspetti interiori dell'uomo, soprattutto in tempi in cui il lavoro si fermava e la maggior parte della giornata veniva trascorsa in casa, per questo occorreva avere una "stabilità" materiale che consentisse di "lavorare" su se stessi in modo tranquillo e senza crucci, sotto la protezione degli Avi.
Dopo il banchetto, le offerte e le richieste, si rimaneva a danzare attorno al fuoco, accogliendo visioni e messaggi che potevano giungere dagli Antichi. Il fuoco veniva poi spento e riacceso solo il giorno successivo. Questa celebrazione era però a carattere domestico, non comunitario, poiché solo determinate figure si riunivano all'aperto per celebrare in questa notte, quali i Druidi e le Sacerdotesse.
Non tutte le Energie sono uguali, per cui ovviamente, l'assottigliarsi del Velo consentiva anche a presenze meno benevole di entrare in contatto con gli uomini, per questo vi era sempre un fuoco acceso, che purificava l'ambiente dalle energie negative e teneva lontane le presenze sgradite, mostrando la via a quelle degli Avi. Da qui l'abitudine di mantenere accesa una candela in questo periodo che veniva spenta la notte di Samhain.
Samhain era anche il tempo per alcune particolari iniziazioni, poiché l'iniziato veniva presentato agli Antichi e si attendeva che fossero quindi loro a "giudicarlo" adeguato quanto pronto a percorrere certi sentieri.
Simboli di questa notte erano dunque i gatti e i pipistrelli, poiché considerati animali in grado di percepire e attraversare entrambi i Mondi, nonché in grado di proteggere dalle energie negative; la scopa, poiché la scopa era utilizzata per pulire nel mondo materiale e purificare in quello degli spiriti; la zucca, poiché l'arancione è il colore del cambiamento voluto quanto necessario, associato alla forma della zucca che diviene simbolo della testa dell'uomo; la mela, simbolo di Vita, immortalità e Conoscenza; ghiande, frutto della quercia e simbolo fertilità e abbondanza (era nel periodo invernale che era meglio concepire un figlio, affinché non nascesse poi al freddo); il grano, simbolo propiziatorio legato alla Dea, alla Madre che nutre i propri figli.


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

L'Uomo e il Mondo

16 Novembre 2015

Spesso ci dimentichiamo che noi siamo parte del Tutto perché lasciamo che sia il nostro Ego ad emergere, spingendoci a cercare conferma del nostra essere, della nostra esistenza, a darci un fittizio posto sicuro in cui noi emergiamo, in un modo o nell'altro, dimenticando appunto la nostra appartenenza e interdipendenza tra noi e tutto ciò che ci circonda. Nulla si può costruire se non c'è coesione ed Equilibrio nella trama su cui si va a lavorare ed è quel lavoro la nostra creazione, il nostro Mondo. Se il Mondo pecca di Armonia, di Equilibrio e di rispetto è perché noi, ciclo dopo ciclo, abbiamo perso le nostre radici.

"La terra non appartiene all'uomo, e' l'uomo che appartiene alla terra e tutte le cose sono collegate come il sangue di una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra, quindi non e' stato l'uomo a tessere la tela della vita, egli ne e' soltanto un filo. Qualunque cosa faccia alla tela la fa a se."
Sioux


Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir

L'Uomo e la natura secondo i Pellerossa

17 Ottobre 2015

"Vedete, fratelli, è tornata la primavera. Il sole ha abbracciato la terra. Presto vedremo i figli del loro amore.
Ogni seme, ogni animale si è destato. Anche noi siamo stati generati da questa grande forza. Per questo riteniamo che anche gli altri uomini e i nostri fratelli animali abbiano il nostro stesso diritto di vivere su questa terra.
Ma ascoltate, fratelli. Adesso abbiamo a che fare con un'altra razza. Erano pochi e deboli, quando i nostri padri incontrarono i primi di loro; ora però sono grandi e sono forti e arroganti.
E' strano, ma vogliono arare la terra, e sono malati di avidità.
Hanno fatto molte leggi, e queste leggi i ricchi possono infrangerle e i poveri no. Nella loro religione i poveri pregano e i ricchi no. tolgono denaro ai poveri e ai deboli per sostenere i ricchi e i potenti. Dicono che la nostra Madre, la Terra, è di loro proprietà; e costruiscono recinzioni per allontanare i vicini dalla loro Madre. Insudiciano nostra madre con le loro case e la loro spazzatura. La costringono a generare quando non è il suo tempo. E quando non dà più frutti la riempiono di medicine affinché generi ancora. Ciò che fanno non è sacro.
Sono come un fiume in piena. In primavera esce dagli argini e distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino."
Toro Seduto


Toro Seduto durante la sua vita seppe incarnare le virtù degli indiani delle pianure, che, unite ad una grande forza e ad un immenso coraggio, lo resero un condottiero amato dai suoi amici e temuto dai suoi avversari. Sotto di lui riunì tutti i Sioux dando vita alla grande nazione dei Lakota, tra i quali viene ricordato come Uomo Sacro e guerriero senza paura, ma anche come padre affettuoso, poeta ispirato e uomo sempre affabile e amichevole nei confronti degli altri; era anche dotato di una profonda fede religiosa che gli dava una visione profetica e conferiva particolare forza alle sue preghiere. Non abbandonò mai lo stile di vita dei Lakota, dei suoi Padri, rifiutando di convertirsi alla religione dell'uomo bianco. Sono riportate più di una delle sue visioni che permisero al suo popolo di affrontare e battere i reggimenti yankee. Credeva fermamente nella natura e nell'armonia tra essa e l'uomo, nel rispetto che era indispensabile per ogni creatura, animale, vegetale, minerale, per ogni elemento, poiché tutto era connesso alla Vita, nulla doveva mai essere sprecato perché questo era sintomo di mancanza di rispetto verso i doni ricevuti. Tradizione indiana è quella di fare un'offerta ogni qualvolta si sottrae ad essa qualcosa per il proprio sostentamento, qualcosa che si considera importante per sé e che serve a riequilibrare le vibrazioni energetiche che si sono turbate.
Toro seduto era un Guerriero, un grande Guerriero, un Capo che ha difeso la propria terra e il proprio popolo, convinto che la tradizione dei propri avi fosse importante e vera, scorgendo nella cosiddetta civiltà occidentale qualcosa che violava le leggi stesse non solo degli Indiani, ma della Natura stessa, fu per questo riconosciuto come Uomo Sacro, a cui furono concesse visioni importanti, grandi, e a cui lui rispose con forza e dando a sua volta sempre un dono per quanto ricevuto.

Capo Leon Shenandoah degli Onondaga disse:
"Se voi uomini bianchi non foste mai arrivati, questo paese sarebbe ancora com'era un tempo. Tutto avrebbe conservato la purezza originaria. Voi l'avete definito "selvaggio" ma in realtà non lo era. Era libero. Gli animali non sono selvaggi; sono solamente liberi. Anche noi lo eravamo prima del vostro arrivo. Voi ci avete trattati come selvaggi, ci avete chiamati barbari, incivili. Ma noi eravamo solo liberi!"

Allo stesso modo Dieci Orsi dei Comanche Yamparika dichiarò:
"Io nacqui nella prateria dove il vento soffiava liberamente e dove non c'era nulla a bloccare la luce del sole. Io nacqui dove non c'erano recinti e dove ogni cosa respirava liberamente. Io voglio morire là, e non dentro questi muri."

Secondo gli Indiani, infatti, l'uomo era nato per essere semi-nomade, per vivere appunto in sinergia con la natura, utilizzare in modo responsabile i suoi frutti, dalla terra agli animali, affinché l'equilibrio rimanesse inviolato così che tutti gli esseri viventi potessero prosperare e vivere nello stesso habitat, un'ambiente che gli uomini avevano il compito, il dovere, di proteggere e curare, così come insegnavano i Sioux "La rana non s'ingozza mai di tutta l'acqua dello stagno in cui vive". Non avevano un concetto di proprietà, perché la terra non era dell'uomo, ma ospitava l'uomo, come le piante, gli animali, gli insetti.



Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir





giovedì 8 ottobre 2015

Il Guerriero e la Morte

4 Agosto 2015

"Ho scoperto che la via dei samurai è la morte. Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra la vita e la morte, è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta semplicemente armarsi di coraggio e agire.
Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a morire invano.
Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un’imitazione grottesca dell’etica samurai.
È quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre della buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo, pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed è al tempo stesso un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la sua missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la via del samurai. L’essenza del bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata. Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la via." Yamamoto Tsunetomo


Onore e disonore secondo un concetto di vita che cambia la prospettiva, il senso di morire invano nel completamento della propria missione, che lo trascende addirittura, ma che denota il credere fermamente nei propri valori oltre la comune concezione. Forse questa è una concezione estrema e retrograda, seppur ormai quasi completamente perduta, eppure è qualcosa che non saprei se sarei disposta a lasciar andare.


"Morire non è un problema per l'uomo: il problema è quando e come si morirà, o meglio ancora sapere come si è vissuto. Visto che la morte viene una sola volta, spero di affrontarla a mente tranquilla e con un senso di pienezza." Koutoku Shuusui

 ...perché per ogni ciclo vi è una sola morte che segna il punto di quell'esperienza in questo piano e come affrontarla, come trovarsi davanti alla Nera Signora è ciò che fa la differenza.

Valori e Via della Spada

3 Agosto 2015

Certe cose uno deve sentirle dentro, le deve sentire come qualcosa che si agita, vibra, risuona anche nella completa ignoranza di esse, solo per averle udite nominare.
Le 9 nobili virtù del Nord, recuperate dall'Asatru e parte anche dell'Etenismo:
- Coraggio
- Verità
- Onore
- Fedeltà
- Disciplina
- Ospitalità
- Operosità
- Autostima
- Perseveranza.
Per un approfondimento di queste vi rimando all'articolo scritto da Jarl Halfdan Fjallarsson​ https://jarlhalfdanpage.wordpress.com/2013/08/29/le-nove-nobili-virtu-unanalisi-critica/

Il Bushido si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il samurai deve scrupolosamente attenersi:
義, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
勇, Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.
仁, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.
礼, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato.
誠, Makoto: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.
名誉, Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.
忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.

Il Bushido è la Via del Guerriero che si delinea nell'Arte della Spada, divenuta successivamente la Via della Spada dove si andarono a concretizzare gli insegnamenti spirituali della stessa, da qui il passaggio da "jutsu" a "do" dal Bujutsu si passerà al Budo, e dallo Iaijutsu allo Iaido. L'errore a mio avviso più diffuso affonda le sue radici nel considerare il Guerriero e la Spada come meri strumenti di morte e di violenza, quando invece le antiche Vie portavano in essi una profonda spiritualità, tanto in oriente quanto in occidente, almeno per quello che ho riscontrato a livello personale nella tradizione nordica. Shimada Toranosuke diceva: “La spada è l’anima, se l’anima non è giusta, a sua volta la spada non sarà giusta. Se si vuole imparare ad usare la spada bisogna imparare dall’anima”.
La spada diventa, storicamente, una via spirituale. Il fine ultimo dello Iaido è l’“Armonia” la “Pace”; non è un caso che proprio questo fine sia racchiuso nella frase “Saya no uchi”, ossia “Vincere senza sfoderare”. Per arrivare a ciò, si deve giungere all'armonia interiore, definendo quindi nell'Ego l'avversario contro cui combattere: la spada deve tagliare quelli che sono i propri personalismi di qualunque sfaccettatura essi siano, positivi o negativi.
Alla fine, quindi, il Guerriero legato alla via della Spada, comprende e vive l'Arte della Guerra in modo completamente differente dalla comune visione, poiché fondamento del suo Essere è la ricerca e l'armonia tra corpo, mente e spirito, affinché la sua spada non si levi inutilmente, nel rispetto dei propri valori fino alla fine, a qualsiasi costo, seppur soprattutto per i Samurai questo finì con l'essere corrotto e asservito a bieche aspirazioni, seppur sia sempre forte il rischio di confondere Onore con orgoglio, dimenticando che l'Ego non deve mai prevalere o si creerà disarmonia e l'acciaio della propria lama altro non farà che da eco a questo stato.

mercoledì 7 ottobre 2015

Qui e ora

Oggi, voglio raccontarti una storia…
la storia di un concetto che ultimamente trova spesso posto sulle labbra di tanti:
QUI E ORA.
Il motto di ogni ateo, che vede la vita come quel lasso di tempo che intercorre tra questa nascita e questa morte. Ma è anche un modo di dire che sta prendendo sempre più piede, ma spesso, in un modo che non è quello con cui è stato forgiato. Nella mia mente questo concetto si fissò anni orsono, attraverso il mio “addestramento marziale”, attraverso un’arte che amo e che tanto mi ha insegnato. In giapponese esiste quello che prende il nome di “Zanshin”, dove il concetto si estende a 360°.
Noi occidentali abbiamo ristretto l’idea dello Zanshin ad un’attenzione vigile, che mirata sull’avversario, mantiene contatto con il “campo di battaglia” in modo da non poter esser colti di sorpresa. Questo è vero, tuttavia questo coinvolge tanto il corpo, quanto la mente e lo spirito.
Ti stai chiedendo perché? 
Ebbene, perché per giungere davvero a questa particolare condizione devi avere consapevolezza di chi sei realmente, devi riuscire ad ascoltare la tua voce interiore anche nel Caos dell’oggi, devi aver raggiunto il tuo “qui e ora” interiore, che determina così la tua capacità di ascoltare il tutto…e di farti sentire dal tutto…avere una Mente Lucida. Il Sé interiore che porta allo Zanshin è un Sé consapevole nella sua totalità del tempo, esistente oltre la fisicità, per questo in grado di concentrarlo in ogni singolo istante con una visione completa delle percezioni e un'attenzione vigile al tutto, sia fisico che energetico. Perché il corpo sente ciò che la mente elabora, ma il sentire nasce dall’Energia e noi siamo Energia, vestita di carne.
La mente lucida porta all'azione consapevole anche nel caos, l'istinto abituato dal ripetere più e più volte la stessa cosa in un allenamento serio e costante agisce poi nel momento del bisogno senza bisogno di un pensiero "razionale", ma per come è stato preparato. Il fine deve essere sentito dalla nostra Anima come “nobile”, tanto più alto è il suo valore non materiale, tanto più forza ci verrà da un collegamento che spesso ci dimentichiamo di avere col Cielo stesso.
Noi non esistiamo solo oggi, ma siamo esistiti ieri e probabilmente ci saremo anche domani. Questo vuol dire che il “qui ed ora” deve essere uno stato consapevole, altrimenti potresti perderti in un passato che non hai chiuso, nella speranza di un domani che ancora devi costruire, o incatenarti in un presente senza una vera consapevolezza di te. Chi sei oggi è frutto di quello che sei stato ieri ed è la base di ciò sarai domani.
Questa è la saggezza del Guerriero, la conoscenza del Lupo… Questa è la forma che ho dato al mio pensiero e che ti offro, affinché, se il tuo cuore si è stretto leggendo, se ha sussultato qualcosa dentro di te, questa forma sia di aiuto al TUO pensiero…per il tuo cammino, perché, ricorda, noi viviamo camminando tra la Terra e il Cielo: i nostri piedi sono saldi su questa Terra, mentre la nostra coscienza esiste vigile nel Cielo.

Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir