Guerriero Apache anonimo
Li chiamavano selvaggi gli uomini civilizzati, li chiamavano selvaggi perché non vivevano in case e non volevano possedere un terreno, un recinto, li chiamavano stupidi perché a loro interessava il popolo e non il possedere, li chiamavano peccatori perché non conoscevano il peccato eppure, seppur ad un uomo fosse consentito avere due mogli, la donna era oltre modo rispettata.
Eppure, la loro cultura antica, preservatasi ben oltre a quella del Vecchio Continente, dava valore a quei mocassini, fatti con pelle di animale perché ogni singolo animale era sacro, come sacra era la sua vita e non era concepito sprecare nulla di quel dono prezioso. I mocassini camminando sulla terra si consumavano, venivano ricuciti, fino a che non fosse più stato possibile utilizzarli. I mocassini proteggevano dal freddo come dalle insidie del terreno. Percorrere un miglio nei mocassini di un altro era l'equivalente di condividere un pezzo di strada, un pezzo di fatica, un pezzo di vita tra le sofferenze e le gioie altrui, le ricchezze e le privazioni di un altro.
Questi selvaggi avevano una cultura di tipo sciamanico (e si vede, si sente), non meno anche i Guerrieri erano consapevoli che andare oltre il giudizio fosse un grande dono per se stessi, apriva il cuore e rendeva più forti, perché il cuore di un Guerriero deve essere forte, non duro, non deve erigere muri, ma saper affrontare la sofferenza. Per questo pregavano il Grande Spirito, il divino che permea tutto, quell'Energia che per loro era una guida nella consapevolezza della Natura.
Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir
Sigríðr Úlfhildr Bálsdóttir
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